Qualche settimana fa sono venuti a trovarmi al campo Giulia con Flip, un bellissimo meticcio di taglia medio-grande adottato assieme alla sorella, in seguito ad un allontanamento da un proprietario non esattamente gentile. Giulia mi ha descritto dei comportamenti anomali di Flip tra cui: il saltare addosso e l’abbaiare con prepotenza, il tirare al guinzaglio, l’iperattività, l’incapacità di concentrarsi ed alcuni altri.
Nel mezzo della nostra sessione di coaching individuale, è emerso, così per caso, che il cane temeva la sua cuccia: una normale vasca di plastica dal color verde pistacchio, al cui interno, la giovanissima proprietaria vi aveva riposto un morbido cuscino. Flip per molti mesi l’ha guardata e ci è girato alla larga. L’interazione più intensa che ha avuto con la bella cuccia è stata quella di protrarre il suo corpo muscoloso in avanti, facendo attenzione a non sfiorarla, per rubarne il cuscino e poi distruggerlo liberamente lontano dal pericolosissimo contenitore.
Giulia aveva provato più volte ad incoraggiare il cane ad entrare nella cuccia presa apposta per lui aiutandosi con dei bocconcini, ma a nulla erano valsi i tentativi.
Quando mi si presenta un cane con delle paure penso sempre che sia un peccato che la vita di quell’essere vivente debba essere limitata da un pericolo che non esiste nella realtà ma solo nella sua mente: un’inutile privazione di libertà e di serenità.
Dunque, ho chiesto a Giulia di portare il lettino al successivo incontro e così appena sono arrivati, dopo qualche minuto di sgambatura e di gioco, ci siamo messe al lavoro.
Il mio obiettivo era quello di far acquisire a Flip familiarità con l’oggetto, nel modo più naturale e rapido possibile. Chissà per quale motivo che forse non conosceremo mai -Giulia non ricordava episodi passati rilevanti che potessero giustificarlo- il cane aveva paura della vasca.
Così, con una combinazione di gioco, cibo, posture e tono di voce consapevoli, dopo pochi minuti il cane era piacevolmente incuriosito dalla sua cuccia. Eravamo riuscite a cambiare il significato che fino ad allora aveva avuto quell’oggetto per l’animale: non era più un luogo temibile bensì un contenitore di belle esperienze.
A quel punto, col clicker training, una tecnica molto potente, che uso anche per lavorare sulle emozioni del cane, abbiamo creato nella sua mente un’associazione tra la parola “Lettino” e il comportamento dello stare sdraiato nella vaschetta. Abbiamo evitato la praola “Cuccia” perché era già stata usata in passato in associazione allo stesso oggetto che il cane temeva, perciò il suo suono evocava in Flip emozioni negative.
Giulia era entusiasta e non credeva ai suoi occhi: nemmeno me lo aveva elencato tra i problemi da risolvere perché aveva quasi assunto quel limite del cane come un dato di fatto immodificabile, Flip sembrava ancora più felice della proprietaria e quando mi sono abbassata nella cuccia per accarezzarlo e complimentarmi con lui, mi ha ringraziata con una bella leccata sul viso. Io ero forse la più felice di tutti, nel vedere questa coppia così contenta.
Molto più spesso di quanto pensi, il tuo cane teme qualcosa come un rumore, un oggetto, una situazione, un luogo o un essere vivente. Osservandone le posture con attenzione – una delle più note, ma non la sola, è la coda abbassata tra le zampe posteriori- potrai accorgerti se, per esempio, il tuo amico teme altri cani o persone, oppure l’asciugacapelli, l’acqua, la spazzola, oppure il rumore di una motocicletta o di un tagliaerba oppure oggetti che si muovono, oppure ancora luoghi.
A questo proposito, mi viene in mente l’esempio di Morgana, il cane di Sabrina che aveva paura del giardino di casa e di tutti i posti esterni alla loro abitazione; prima che ci incontrassimo, la vita di Morgana si svolgeva esclusivamente all’interno della casa o dell’azienda di famiglia. Con Morgana, che era poco ricettiva al gioco, dovetti coinvolgere Black che dopo essere entrato in sintonia con la bianchissima cagnolina le fece da cane-tutor, aiutandola a prendere fiducia degli ambienti nuovi. Ora Morgana gioca felice in giardino e fa delle belle e soddisfacenti passeggiate all’aria aperta coi proprietari.
E dunque, che suggerimenti ci offrono questi due casi di cui ti ho raccontato? Eccone qualcuno.
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Ora torniamo a noi!
1- Osserva bene il tuo cane e cerca di capire se ha delle paure, delle insicurezze o, in casi estremi, delle fobìe: sarebbe un vero peccato se la sua vita e quindi la sua felicità fossero limitate a causa di una paura immotivata, pensa per esempio al caso di Morgana che non poteva godere della gioia delle passeggiate all’aria aperta.
2- Non forzare il tuo cane e, soprattutto, non agire da autodidatta perché potresti peggiorare la situazione; fatti aiutare per risolvere il problema: il tuo migliore amico te ne sarà grato per tutta la vita. Non solo, se pensi che Sabrina doveva ridurre la durata delle sue uscite perché Morgana rimaneva a casa da sola, puoi facilmente dedurre che la serenità di un cane coincide anche con una migliore qualità della vita del proprietario.
3- Se il tuo cane ha dei timori e hai deciso di farti aiutare allora affidati solo ad Istruttori, ovvero professionisti nella rieducazione, quindi con un titolo superiore a quello dell’Educatore, che abbiano maturato esperienza nella risoluzione di problemi comportamentali. A volte bastano pochissime sedute per migliorare la tua e la sua vita per sempre.